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La besace du pèlerin: évocation et mémoire

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2-6 ottobre 2007

La pratica del pellegrinaggio ai luoghi santi è comune a tutte le grandi religioni, pur presentando, in ciascuna di esse, tratti e caratteristiche peculiari.

Questo importante fenomeno religioso e sociale trova la sua origine nella ricerca di un contatto più intenso e più diretto col divino, o con il sacro, del quale la persona pia desidera fare esperienza, indottovi dalle più diverse motivazioni: il pellegrinaggio, infatti, può essere compiuto con un fine spirituale, oppure anche per adempiere un dovere, o rispettare un voto, per ottenere benefici materiali, liberamente, senza un preciso vincolo temporale, oppure anche in speciali occasioni: in quest’ultimo caso esso comporta talvolta lo spostamento di vere e proprie masse di persone, assumendo un forte rilievo non solo sociale, ma anche politico ed economico.
La meta del pellegrinaggio è di solito un luogo nel quale, secondo la tradizione, si verificò una speciale manifestazione del divino, con o senza la presenza di un tempio, o di un santuario, o di una serie di edifici sacri capaci di conservare e trasmettere la memoria di quella ierofania. In alcune culture il pellegrino indossa un abito speciale e osserva precise regole di dieta e comportamento durante l’intero pellegrinaggio, mentre in altre questa pratica tende ad assumere le caratteristiche di una sorta di turismo a sfondo religioso.
A causa sia delle possibili convergenze, sia - e soprattutto - delle osservabili diversità, è parso opportuno avviare un confronto, in spirito dialogico, fra realtà culturali e religiose distanti fra loro sia nello spazio, sia nel tempo: anche la prospettiva diacronica, infatti, appare importante, poiché consente di rintracciare le origini di questa pratica nelle civiltà più antiche del mondo.
In un territorio e in un contesto culturale nel quale si situano importanti mete del pellegrinaggio cristiano cattolico, il Convegno, nell’alveo dell’esperienza maturata con la precedente manifestazione dedicata al tema “Religioni e Sacri Monti” (2004), vuole anche costituire un’ulteriore occasione di riflessione sui valori e sui beni - a partire dall’esperienza dei Sacri Monti recentemente riconosciuti dall’Unesco come patrimonio
dell’umanità - che le comunità di ogni fede religiosa e convinzione politica sono chiamate a conservare e proteggere.
In particolare, s’intende porre l’accento su due diversi aspetti del pellegrinaggio. 

• Il primo riguarda il modo di viaggiare, poiché il pellegrino, storicamente, è una persona attenta alla complessità della realtà con la quale viene in contatto, desiderosa di conoscere i luoghi in modo non superficiale, né frettoloso, di immergersi nella dimensione religiosa, paesaggistica, ambientale, sociale e culturale del territorio che sta visitando: per questo egli rappresenta un modello da imitare e, come tale, è una componente fondamentale di qualsiasi processo che miri a far emergere la ricchezza dei valori di un territorio.
• Il pellegrino è, in secondo luogo, un portatore di fede e di cultura, poiché tende a conservare la memoria dei luoghi visitati, e s’adopera a volte con impegno per riprodurre in patria, in toto o in parte, gli edifici e l’ambiente della sua meta, creando sia dei “modelli” sostitutivi capaci di evocare e rendere presente - quindi fruibile e praticabile - l’oggetto lontano della sua devozione e sia le premesse per la nascita di nuove manifestazioni di pietà popolare. 

Amilcare Barbero 
Direttore del Centro di Documentazione dei Sacri Monti, Calvari e Complessi devozionali europei

Stefano Piano
Presidente del Centro Interdipartimentaledell’Università di Torino e Interfacoltà di Scienze Religiose


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